giovedì 19 dicembre 2019

Dāthu e alimentazione



Ogni giorno sento più comenti del tipo: “ma cosa centra l’alimentazione con il mio bruciore agli occhi?” O del tipo: “vuoi dire che se mangio male e in fretta i miei pensieri sono negativi? Com’è possibile?”
Proverò a dare una spiegazione semplice ma altrettanto completa del fatto che noi siamo quello che mangiamo, o per meglio dire: i nostri tessuti si formano in base alle sostanze nutritive che ingeriamo e trasformiamo all’interno del nostro tratto digestivo.
Ho trovato sempre affascinante la visione degli antichi Veda e il nesso con la ricerca scientifica delle loro affermazioni.
Può essere una lettura assai complicata per chi non ha conoscenze ayurvediche o biochimiche. Vi assicuro che, una volta arrivati alla fine, almeno il principio trasformante rimane chiaro e di conseguenza anche la consapevolezza cambia.
Quando cominciai a studiare la medicina āyurveda mi resi conto di quanto poco sapessi di me stessa. Non ero consapevole (ecco la parola giusta) di chi ero oltre all’involucro chiamato corpo e al nome sulla carta di identità. Ero consapevole delle mie convinzioni, le mie idee sulla vita in generale, antipatie, simpatie e tutto il corredo emotivo che mi portavo dietro, ma non sapevo come esso si era formato e come comandava sulle mie decisioni e azioni.
Partiamo dall’inizio, dalla notte dei tempi, dove gli antichi Veda intuirono il nostro meraviglioso  funzionamento fisiologico. La scienza può dire che, senza uno studio di ricerca, non vale nulla quello che i Veda affermarono. Insomma, finalmente alcuni ricercatori cominciano a farsi avanti e e confermare che il collegamento c’è tra la visione ayurvedica e la scienza.
 I Dosha (le energie che ci governano, Vata, Pitta e Kapha)  giocano un ruolo fondamentale nella funzione fisiologica del nostro corpo e mente, e  i Dāthu, che in sanscrito vuol dire strato, tessuto, materia o sostanza (in āyurveda il termine fa riferimento ai saptadāthu), sono i sette tessuti responsabili della struttura del nostro corpo; rasa (plasma), rakta (sangue), māmsa (tessuto muscolare), meda (tessuto adiposo), asthi (tessuto osseo), majjan (tessuto nervoso), śukra (tessuto riproduttivo).
Questi tessuti hanno il compito di sostenere il nostro corpo nelle sue attività fisiologiche e mentali.

Senza dhāthudhārākalā, cioè le membrane responsabili della vita intra e intercellulare, i tessuti non hanno la struttura, il nutrimento e l’energia necessaria. Chi ha qualche nozione di biochimica sa che il ruolo delle membrane è fondamentale per lo scambio di sostanze, molecole, ioni e acqua, dentro e fuori della cellula, per innescamento dei processi complessi che reggono e sostengono la vita dentro al nostro organismo, oltre a dare una struttura e forma allo stesso.

I Veda nominano jāţtharāgni e bhūtāgni, i fuochi digestivi, la scienza li chiama enzimi (catalizzatori delle reazioni chimiche che avvengono nel nostro tratto digestivo), essi trasformano gli alimenti durante il processo di digestione in energia prodotta durante la respirazione cellulare -ciclo di Krebs- nei mitocondri (organelli della cellula produttori di ATP) in sostanze che prelevate dal circolo sanguineo e linfatico arrivano in ogni cellula del nostro corpo per creare e riformare i tessuti a noi necessari; crescita fetale dell’embrione e del bambino, riparazione cellulare in caso di lesioni, rigenerazione cellulare (come sappiamo l’apoptosi è la morte programmata delle cellule e altre devono sostituire quelle arrivate a fine ciclo vitale) e la produzione continua, in età fertile del seme maschile, tutti  gli ovociti sono prodotti nella femmina durante il periodo fetale che vengono poi conservati per poter essere maturati durante il ciclo mestruale nel periodo fertile della donna, e di tessuto riproduttivo femminile.
Questi sette Dhāthu sono, secondo la medicina āyurvedica, in interrelazione dinamica tra di loro, ognuno nasce a cascata dal precedente che si è formato secondo la seguente precisa sequenza; per primo si forma Rasa il plasma, da esso viene creato il Rakta, il sangue che forma il Māmsa, tessuto muscolare che da origine a Meda, tessuto adiposo (muscoli poco formati di conseguenza anche poca adipe), poi il tessuto osseo Asthi che promuove la genesi del Majjian, tessuto nervoso che include anche il midollo osseo, e per ultimo Śukra tessuto riproduttivo.
A ragion di questa logica e sequenza possiamo interpretare che, se il nutrimento è scarso o inquinato anche la qualità del primo tessuto, Rasa sarà bassa e poco soddisfacente per poter sostenere la sintesi di un Rakta (il sangue) altrettanto sano e ricco degli elementi necessari alla formazione del conseguente tessuto.
Come vediamo loro la spiegano, la genesi, come una cooperazione tra energie; dosha e nutrizione per la formazione di tutto quello che noi chiamiamo corpo. A livello biochimico le reazioni che avvengono a livello cellulare necessitano energia e reagenti per poter avviare i processi chimici che sostengono la vita. A questo punto cambia solo il modo di vedere le cose ma la regola della genesi rimane sempre la stessa; introduzione dei nutrimenti necessari e la cellula traduce e trascrive gli aminoacidi perché il corpo umano non è in grado di sintetizzarli tutti senza certi alimenti presenti nella dieta (di 23 aminoacidi 8 essenziali necessari  non siamo capaci sintetizzare e l'arginina impariamo a produrre in adolescenza) da cui si formano le proteine, lipidi, enzimi, ormoni, etc.
Allora perché tanta incredulità nell’immaginario collettivo nel credere che una perdita di capelli non abbia nulla a che vedere con l’alimentazione? Chiaramente c’è il fattore genetico che può far perdere i capelli in giovane età, ma quando questo avviene in età matura, senza che ci sia familiarità, un aumento di Pitta, eccesso di calore, può esserne la causa. Ci sono studi e ricerche che affermano e sostengono che la dieta svolga un ruolo fondamentale nel correggere vari disturbi come depressione, perdita di memoria, stanchezza, etc.
Eccovi qui di seguito uno di questi studi, svolto dieci anni fa in Australia.
Una dieta più sana potrebbe essere di beneficio per le donne che soffrono di depressione e ansia, secondo uno studio australiano. L'equipe della Dr.ssa Felice N. Jacka, della University of Melbourne, Australia, sostiene che i disturbi dell'umore erano più comuni tra le donne, di qualunque età (dai 20 ai 93 anni) che, nel corso dei dieci anni dello studio, consumavano più cibi elaborati, raffinati e ricchi di grassi. "Non esiste una formula magica per una dieta anti-depressione", chiarisce la Dr.ssa Jacka; tuttavia consumare prevalentemente frutta, verdura, cereali integrali, latticini e carne magra, e lasciare che dolci e cibi elaborati siano l'eccezione, e' un valido aiuto non solo per il benessere fisico, ma anche psicologico. L'equipe australiana ha esaminato le diete e lo stato psichico di 1.046 donne rappresentative della popolazione generale australiana. Mentre 925 donne non soffrivano di disturbi dell'umore, 121 avevano ansia e/o depressione, come si legge sull' American Journal of Psychiatry. L'equipe ha cercato di capire come la dieta potesse essere correlata ai disturbi psichiatrici. E' così emerso che la tipica alimentazione occidentale (hamburger, pane bianco, pizza, patatine, bevande al latte aromatizzate, birra, zucchero e dolci) si associava a un aumento di oltre il 50% delle probabilità di soffrire di depressione e ansia. Per contro, la probabilità di andare incontro ad ansia e depressione diminuiva di circa il 30% tra le donne che seguivano la dieta australiana più "tradizionale" (verdure, frutta, manzo, agnello, pesce e cereali integrali).
“Non posso fare a meno dei dolci!” “Se non bevo il caffè tutti i giorni non riesco stare in piedi.”
Altre affermazioni che sento molto spesso. Sempre gli antichi Veda intuirono che il ruolo dell’intestino è fondamentale per la nostra salute e per il nostro benessere.
Regolato dal subdosha Apanavayu il suo funzionamento dipende prevalentemente dal nutrimento. E qua abbiamo gli studi pioneristici del Centro Studi di Probiotica e Nutrizione, condotto da Barbara  Isidoro e dal Dott. Luciano Lozio, https://www.centrostudiprobioticanutrizione.it/, assieme ad un performante staff di specialisti nella materia. Particolarmente il Dott. Lozio si dedica allo studio del microbiota intestinale e del suo ruolo nel ciclo metabolico della cellula. La ricerca è volta a capire come la nostra alimentazione promuova la prevalenza di alcuni ceppi probiotici piuttosto che altri o, viceversa, come la nostra flora batterica creata con le nostre abitudini “ci imponga la lista della spesa”.

 A voi un paragrafo del libro “I Probiotici, principi e uso nella pratica medica” di Dott. Lozio, cap.1.28 pag.47
“Batteri e cibo: quando decidiamo di mangiare, scegliamo dei cibi che ci piacciono, che soddisfano i desideri, gusti e necessità. Analizziamo come nasce la scelta alimentare. Dai vari distretti corporei arrivano segnali di richieste nutrizionali che affluiscono all’ipotalamo, il quale li raccoglie e incarica poi la corteccia superiore di andare nell’archivio degli alimenti disponibili e di scegliere i cibi da cucinare. Un po' come aprire il frigorifero e fare la lista della spesa. I batteri del nostro intestino dialogano costantemente con l’ipotalamo al quale trasmettono le loro esigenze attraverso il sistema nervoso enterico. L’attivazione di determinati recettori del piacere stimola la scelta dei cibi. Esistono batteri che, essendosi evoluti nell’intestino di persone abituate a mangiare tutti i giorni pasta, si sono attrezzati in modo che il soggetto non cambi dieta. Per raggiungere lo scopo, prendono delle frazioni di proteine in cui sia una determinata sequenza di aminoacidi (Try- Gly_Pro-Gly_Pro_Rhe-R) che inizia con un aminoacido particolare (la tirosina) creando così una gluteomorfina o meglio gliomorfina, nel caso del formaggio si ottiene la caseomorfina; queste sostanze provocano dipendenza fisica dall’alimento e attivano i nostri recettori TLR4 dei mastociti amplificando l’infiammazione e la dipendenza. In questo modo i batteri impongono determinate scelte alimentari dando il piacere di assumere cibi sensorialmente appaganti”.
Abbiamo perciò la conferma di quello che gli antichi veda sostenevano, i tessuti Dāthu  si formano da quello che ingeriamo e sono direttamente responsabili del corretto funzionamento dei nostri pensieri e della psiche.

La via del cambiamento è sempre difficile perché mancano l’informazione immediata, il tempo e la forza da dedicare al cambiamento delle abitudini. Le fonti di alimenti sani e salutari sono rare e anche molto costose,  e sicuramente questo costituisce un altro impedimento al cambiamento. Anche le alte temperature di cottura alterano la qualità dei cibi. Come possiamo fare allora? Anzitutto cominciare, svegliando la nostra consapevolezza, a capire e conoscere il nostro corpo e la nostra mente, ascoltandoli e trattandoli come un bene prezioso e non come una discarica che accumula alimenti e non nutrienti.
Volere è potere,  conoscere è un dovere!
Namastè

Ringrazio tutti i miei Maestri che mi hanno aperto le porte all' Ayurveda ed allo Yoga, italiani ed indiani. Specialmente Amadio Bianchi e Gopalakrishnan. Senza i loro insegnamenti ed esempio non sarei arrivata qua. 






giovedì 31 gennaio 2019

cos'è la meditazione?



Dhyana è la meditazione. In questo stadio si libera la mente fino alla sua totale espansione. Come si raggiunge? E qua si deve dare una spiegazione completa dello yoga, partendo dal principio delle otto tappe evolutive che l' aṣṭāṅgayoga comprende (nel ns mondo occidentale si pensa che fare dei movimenti molto energici si stia praticando aṣṭāṅga
yoga, quanta ignoranza - nel senso di non sapere, o voluta intenzione di semplificare un percorso complesso di crescita interna rendendolo più commerciale possibile).
Dopo anni di pratica e cambio di stile di vita posso dire che comincio adesso a capire il vero significato dello yoga.
Posso affermare che lo yoga non consiste in semplici esercizi che si fanno sporadicamente andando in palestra una volta, due, alla settimana. Quella è ginnastica, che sia chiaro! Anche se viene spiegata bene, eseguita altretanto bene, rimane ginnastica e null'altro. E' ultile per un inizio ma non è la fine di un percorso meraviglioso che solo in pochi hanno la possibilità di abbracciare in questa vita.
Per rendere ancora più chiaro il percorso che lo yoga propone partiamo passo passo a scoprire teoreticamente questa bellissima e unica, nel mio umile parere,  disciplina di vita.
Ricopio da testi ed insegnamenti dei miei Maestri (Gopalakrishna ex insegnate di Vedaguru e di Sri Unniraman fondatore di Patanjali Yoga Research Center Calicut Kerala, e Amadio Bianchi Italia) gli stadi dello yoga
Si chiama aṣṭāṅga perché sono otto (aṣṭá = 8 in Sanscrito) e non perché sono movimenti dinamici. Ribadisco il concetto perché ritengo che l'uso improprio delle parole crea confusione e ignoranza, due aspetti della nostra vita che non portano  a quello che lo yoga insegna; serenità e conoscenza.

Per renderlo più comprensibile parto dall'ultimo stadio:
8. Samādhi, la supercoscienza. Il raggiungimento del nirvana, comprensione dei principi universali, la consapevolezza, la saggezza, la fusione con il divino. 
7.  Dhyāna è la meditazione. Si libera la mente di ogni pensiero, la calma piatta di un lago in assenza di vento e movimento delle sue acque.
6.  Dhāraṇā   è la concentrazione, l'affinamento delle tecniche che portano a ridurre l'attività mentale. E' il controllo della mente la sua focalizzazione in un solo punto.
5.  Pratyāhāra è il distacco del materiale. Isolamento dei sensi, rivolti all'interno che porta  chi pratica a contemplare direttamente la sua vera essenza.
4.  Prāṇāyāma, controllo delle energie vitali attraverso il respiro, la presa di coscienza dell'atto respiratorio come scambio tra il sè e il mondo esteriore, fino al raggiungimento della fusione con il cosmo, apro parantesi; da fare sempre sotto osservazione di un Maestro o praticante serio. Può portare a problemi seri se viene fatto da sè, imitando video, seguendo indicazioni di libri o persone che non sono veri Maestri. Il risveglio della Kundalini, parlo per esperienza propria, non deve assolutamente essere indotto accelerando tempi e modalità forzate di respirazione e nemmeno ricercato da coloro che sono atratti dal "miracolo". Se avviene in modo naturale, dopo aver praticato con conoscenza di causa, porta a un livello superiore di coscienza e questo accade soltanto se la pratica è a giusta misura del praticante oltre che eseguita nel modo corretto. Ho conosciuto persone che hanno "forzato" e sono rimaste per parecchio tempo con grossi disturbi fisici e mentali, alcuni in coma per anni.
3. Asana, particolari posture che vanno eseguite dopo il riscaldamento e pratica di movimenti di stretching dinamico e non.  Gli asana vanno tenuti a lungo rispettando i limiti e le possibilità personali. Favoriscono la concentrazione delle energie vitali all'interno dell'organismo attivando i centri focali relativi agli organi, I Chakra. D'altro canto le trazioni muscolari inviano catene di impulsi alle cellule cerebrali rinforzandole.
Attraverso gli asana il praticante impara a conoscere la propria potenzialità e i propri limiti. Potrà, col tempo e la pratica, intervenire fino a poter modificare i propri  meccanismi fisiologici e sperimentare le varie forme dell'essere e del divenire (sono ispirate dal mondo vegetale, animale, umano e divino).

2.  Niyama , i principi di condotta morali nei confronti di se stessi;
śauca , essere puri. Purezza nel corpo,  pensieri e azioni (importante l'aspetto alimentare e l'igiene personale).
saṃtoṣa , appagamento. Accontentarsi di quello che si ha. Atteggiamento di serenità ed equilibrio.
tapas , regola morale. Essere austeri con se stessi, raggiungere la liberazione dal bisogno materiale. Tapas è l'espansione della forza che i praticanti trovano in loro stessi.
svādhyāya , autoanalisi e studio di testi che favoriscono e sviluppano questa ricerca interiore. Recita e studio dei Mantra, le formule sacre che portano a stadi superiori di coscienza. Sviluppo del'umiltà e del desiderio di apprendere.
īśvarapraṇidhāna , fissare un modello divino interiore a cui ispirarsi e seguire il suo raggiungimento.

1. Yama,  astensioni che indicano la condotta morale nei confronti degli altri;
- ahiṃsā , la non violenza. L'odio e la paura base della violenza, aspetti dalla personalità che vanno controllate fino alla loro eliminazione totale dal nostro atteggiamento
satya , amore per la verità, non essere falso.
asteya, non appropriarsi di beni altrui.
aparigraha , saper donare, essere generosi e condividere i nostri beni con gli altri.
-  brahmacarya , equilibrio nella vita sessuale. Può trasformarsi in castità in ambiti rigorosi o per scelta propria.

Dopo aver esaudito gli 8 step da seguire dal basso in alto (cioè da 1 a 8) spero che sia chiaro a cosa si va incontro volendo abbracciare la vera strada e lo stile di vita che lo yoga insegna e invita a percorrere. Andare in palestra a fare ginnastica può essere l'inizio, come ho fatto 11 anni fa andando a fare Pilates e stretching perchè sentivo che ne avevo bisogno. 
La strada è lunga, al principio anche dolorosa, fatta di disciplina e forte motivazione personale. Diventa uno stile di vita che non sempre viene apprezzato e condiviso nella propria famiglia e nella cerchia di conoscenti, anzi ci sarà chi vi considera abbastanza matti da consultare lo psicologo.
Va vissuta in silenzio, senza fare troppo tam-tam, evitando più possible situazioni di conflitto ed imbarazzo quando non ci sia comprensione verso il cambiamento. Evitare la presunzione ricordando sempre da dove siamo partiti, da una situazione  di "normalità" intesa come larga accettazione sociale del nostro stile occidentale di vita.
Posso soltanto dire praticate, la voglia di cambiamento sarà la vostra forza.
Spero di aver fatto un pò di chiarezza in questo momento di strumentalizazzione e commmercializazzione sfrenata, che oggi giorno lega la parola yoga alla nostra vita. 
Momenti frenetici che la nostra essenza vuole contrastare per la sua sopravvivenza. 
Namastè

Grazie a Gabriella Cella Al- Chamali cui libro "Il grande libro dello yoga" è stato il mio ABC verso questa disciplina. 
Grazie a i miei Maestri sopracitati, che hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale nell'insegnamento e  sostegno di cui un allievo, un discepolo ha continuamente bisogno.